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lunedì 1 dicembre 2014

L'assassinio di Roger Ackroyd - Agatha Christie




(The Murder of Roger Ackroyd - 1926)


"Les femmes" generalizzò  Poirot, " sono meravigliose. Inventano e miracolosamente azzeccano. Le donne colgono inconsciamente migliaia di piccoli dettagli, senza rendersene conto. Il loro inconscio poi mette assieme i pezzi e definiscono intuizione il risultato. Io... ho studiato molta psicologia. So queste cose."


Capolavoro assoluto di Agatha Christie e della letteratura noir mondiale in genere, si distingue da ogni altro romanzo per qualcosa di particolare che non posso svelare, e che ha sorpreso ogni lettore. In Italia fu tradotto per la prima volta col titolo (una volta tanto azzeccatissimo) "Dalle nove alle dieci", per poi essere ripubblicato un sacco di volte con la più letterale traduzione "L'assassinio di Roger Ackroyd". 
Siamo in un piccolo villaggio della campagna inglese, King's Abbot, piacevole concentrato di tutti gli standard della Christie: cottage, tendine di pizzo, tazze di tè, e vecchiette pettegole. L'omicidio di un gentleman di campagna dà il via ad una serie di indagini parallele, complicate dal fatto che tutti hanno qualcosa da nascondere. 





Agatha Christie (Agatha Mary Clarissa Miller, Torquay 1890 - Wallingford 1976)
Il monumento si trova a Torquay, borough di Torbay, Devon,  Cornwall, 
a fianco di questo negozio: 



(foto scattate da me nel 2010)


domenica 23 novembre 2014

Poesie e canzoni sul Natale - AA.VV.


NATALE



ADESTE FIDELES

Adeste fideles
Læti triumphantes
Venite, venite in Bethlehem
Natum videte Regem angelorum
Venite adoremus
Dominum

En grege relicto humiles ad cunas
Vocati pastores adproperant
Et nos ovanti gradu festinemus
Venite adoremus
Dominum

Æterni Parentis
Splendorem æternum
Velatum sub carne videbimus
Deum infantem pannis involutum
Venite adoremus
Dominum

Pro nobis egenum et fœno cubantem
Piis foveamus amplexibus
Sic nos amantem quis non redamaret
Venite adoremus
Dominum

Ergo qui natus die hodierna,
Jesu, tibi sit gloria,
Patris aeterni, Verbum caro factum est
Venite adoremus 
Dominum

Accorrete fedeli
Felici ed esultanti 
Venite, venite a Betlemme
Vedete, è nato il re degli angeli
Venite adoriamo
Il Signore
Lasciato il gregge all'umile culla
I pastori convocati si affrettano
E noi, esultanti al passo, festeggiamo
Venite adoriamo
Il Signore
Dell'eterno Padre
Lo splendore eterno
Velato nella carne potremo vedere
Dio fanciullo in fasce
Venite adoriamo
Il Signore
Nato per noi e tenuto nel tepore del fieno
Scaldiamolo con abbracci pii
Perché non ricambiare l'amore di chi ci ama tanto?
Venite adoriamo
Il Signore
Quindi tu che sei nato oggi,
Gesù, a te vada la Gloria
Del Pare Eterno, il Verbo si è fatto carne
Venite adoriamo
Il Signore




Dopo l'inatteso successo del post sugli alberi, desidero proporre un altro - e ultimo - tema che mi è carissimo. Perché io, come credo tutti voi, sono stata bambina, e non dimentico facilmente la magia del Natale di allora: le canzoncine per la novena, l'ideazione e costruzione del presepe, le decorazioni in vetro per l'albero, le calze appese al camino, il regalo (l'unico dell'anno) che sarebbe forse arrivato. E poi le cartoline che ci si inviava allora, il profumo magico dei mandarini, i boeri da appendere all'albero, la nevicate abbondanti e silenziose. Eppure, non riesco mai a ricreare la stessa atmosfera, ma me la sogno di notte, e di giorno. E quando arriva Natale, sogno ancora più forte. Ebbene, scavate nella memoria e scatenatevi!

sabato 15 novembre 2014

Poesie sugli alberi - AA.VV

GLI ALBERI



oltre il cancello
un albero senza foglie
parla
io rispondo.

(Giorgia Satta)


Per una volta, non propongo un libro in particolare, ma un argomento: gli alberi. L'idea mi è venuta quando ho letto queste splendide righe della mia amica Giorgia, e improvvisamente mi sono ritornate alla mente alcune poesie, spesso dell'infanzia, mai dimenticate.
Quindi, vi invito: postate le vostre!



martedì 9 settembre 2014

Le perfezioni provvisorie - Gianrico Carofiglio


(Sellerio, 2010)

"Ha detto qualcuno che gli uomini si dividono nelle categorie degli intelligenti o dei cretini, e dei pigri o degli intraprendenti. Ci sono i cretini pigri, normalmente irrilevanti e innocui, e ci sono gli intelligenti ambiziosi, cui possono essere assegnati compiti importanti, anche se le più grandi imprese, in tutti i campi, vengono quasi sempre realizzate dagli intelligenti pigri. Una cosa però va tenuta a mente: la categoria più pericolosa, da cui ci si possono aspettare i più gravi disastri e da cui bisogna guardarsi con la massima circospezione, è quella dei cretini intraprendenti.
Schirani appartiene a quest'ultima categoria..."



Tra gli appassionanti romanzi di Carofiglio, ho scelto di presentare "Le perfezioni Provvisorie" proprio per il brano folgorante che cito qui sopra. Qualche Schirani lo conosciamo, purtroppo, tutti.
Il merito, alto, di Carofiglio consiste nella facilità di linguaggio, nella speditezza del racconto, nella semplicità con cui ci presenta le sue storie. E come diceva una vecchia insegnante: Le storie semplici sono le più complicate da scrivere. 

Gianrico Carofiglio, magistrato e scrittore - Bari 1961

mercoledì 23 luglio 2014

Elogio della follia - Erasmo da Rotterdam

(Stultitiæ Laus  - 1509)


"Tuttavia, poiché l'uomo, nato per far fronte agli affari, doveva ricevere in dote un po' più di un'oncia di ragione, Giove, per provvedere debitamente, mi convocò perché lo consigliassi, come su tutto il resto, anche a questo proposito; e il mio pronto consiglio fu degno di me: affiancare all'uomo la donna, animale, sì, stolto e sciocco, ma deliziosamente spassoso, che nella convivenza addolcisce con un pizzico di follia la malinconica gravità del temperamento maschile. Platone, infatti, quando sembra in dubbio circa la collocazione della donna, se fra gli animali razionali o fra i bruti, vuole solo sottolineare la straordinaria follia di questo sesso. E, se per caso una donna vuole passare per saggia, ottiene solo di essere due volte folle, come se uno volesse, contro ogni ragionevole proposito, portare un bue in palestra. Infatti raddoppia il suo difetto chi, distorcendo la propria natura, assume sembianza virtuosa. Come, secondo il proverbio greco, la scimmia è sempre una scimmia, anche se si ammanta di porpora, così la donna è sempre una donna, cioè folle, comunque si mascheri."



Erasmo da Rotterdam ( Desiderius Erasmus Roterodamus, Olanda 1466-1536)

Un testo stravagante, malizioso e imperdibile, diviso in 68 brevi capitoli, in cui la Follia parla in prima persona. Un testo che rappresenta magnificamente il passaggio tra la cultura classica e quella moderna.
Trovo discutibile l'operazione del  Sole24ore, che recentemente ha allegato al giornale  un'improponibile "Elogio della Pazzia": l'ho comprato per curiosità, immaginando di trovare una traduzione, e interpretazione, diverse da quelle che ho già.  Sorpresa! all'interno non compare affatto la parola pazzia, ma sempre, eternamente, universalmente FOLLIA. E allora, per quale motivo cambiarne il titolo? Volendo essere pedante senza essere un luminare della psichiatria, direi che c'è una differenza sostanziale tra i due termini: la pazzia  è malattia incolpevole, ma la follia, nel bene e nel male, è lucida e menefreghista genialità.

venerdì 30 maggio 2014

Pian della Tortilla - John Steinbeck


Tortilla Flat - 1935
Traduzione di Elio Vittorini


Due galloni sono molto da bere, anche per due paisanos. Ecco come si possono graduare, agli effetti spirituali, le fiasche: due dita sotto il collo della prima, conversazione concentrata; due dita più sotto, mestizia di dolci ricordi; tre dita ancora più sotto, pensieri di vecchi amori felici; un dito più sotto, pensieri di amori infelici; fondo della fiasca, tristezza in ogni senso; due dita sotto il collo della seconda fiasca, disperazione nera; due dita più sotto ancora, canto di morte; altre due dita più sotto, canto di morte e dannazione. Da questo punto in poi inutile graduare; nulla vi è di certo e può accadere qualunque cosa.


Cosa non si farebbe per un poco di vino!  Pian della Tortilla è il quartiere periferico di Monterey, California, e i paisanos  protagonisti di questo romanzo sono gente povera, nullatenente e nullafacente, di sangue misto messicano, spagnolo e indio. Le loro giornate si susseguono pigre, con l'unico scopo di procurarsi il vino; la loro intelligenza è dedicata esclusivamente agli espedienti. Il lavoro? Non è contemplato. La loro maggior soddisfazione? Condividere il poco che hanno con gli amici. Mi ricordano i peones impegnati nella siesta sullo sfondo di Speedy Gonzales...


John Steinbeck (Salinas 1902 - New York 1968)

venerdì 28 febbraio 2014

Poesie - Paul Verlaine


Poesie - ed. Garzanti 2005, pp 912


Soleils couchants - Paul Verlaine


Une aube affaiblie
Verse par les champs
La mélancolie
Des soleils couchants.
La mélancolie
Berce de doux chants
Mon coeur qui s'oublie
Aux soleils couchants.
Et d'étranges rêves
Comme des soleils
Couchants sur les grèves,
Fantômes vermeils,
Défilent sans trêves,
Défilent, pareils
À des grands soleils
Couchants sur les grèves.
(Poèmes saturniens)

Soli morenti 
Un'alba illanguidita
versa per i campi
la malinconia
dei soli morenti.
La malinconia
culla con dolci canti
il cuore che s'oblia
nei soli morenti.
E strane fantasie
come soli morenti
rossi ardenti sui greti
fantasmi incandescenti,
sfilano senza tregua,
sfilano come tanti
rossi ardenti sui greti
grandi soli morenti.



Non potevo lasciare orfano ancora a lungo Arthur Rimbaud, al quale si dice che Verlaine fosse molto più legato che alla propria moglie, tanto da trascurarla, e sacrificarla. Si dice anche che la poesia nasca dalla necessità di raccontare le proprie esperienze, e in quest'ottica è evidente che Verlaine non si sia fatto mancare nulla. Tutta la sua opera è una sottolineatura, sotto forma di emozioni, di quella fuga dal mondo intero - e verso l'ignoto - di cui è densa la sua vita, non perché sia un mero diario di avventure o disavventure, ma perché tutte le esaltazioni, gli sconforti, le passioni e soprattutto le malinconie finiscono nei suoi versi. Un altro poeta maledetto, ma quanta eleganza, quanta tenerezza!



Paul Verlaine (Metz 1844 - Parigi 1896)