Pagine

lunedì 25 giugno 2012

Gente di Dublino - James Joyce




(Dubliners - 1914)

Le lacrime si accumularono fitte nei suoi occhi e, nella semioscurità, immaginò la figura di un giovane, là, sotto un albero gocciolante di pioggia. Altre figure erano vicine. La sua anima si avvicinava alle regioni abitate dalla immensa folla dei morti. Egli era cosciente della loro vana e vacillante esistenza, ma non poteva afferrarla. La sua stessa identità svaniva in un mondo grigio e implacabile; la terra stessa che quei morti avevano un tempo governata, e in cui avevano vissuto. si dissolveva e si disperdeva. Alcuni leggeri colpi sul vetro lo fecero voltare verso la finestra. Era tornato a nevicare.


Nessuno di questi racconti ha avuto l'epilogo che speravo. Sono una quindicina, ambientati tutti a Dublino, o poco oltre. Joyce ha una narrazione realista, disincantata e amara sulla sua gente, che vede rassegnata e accomunata in una paralisi che colpisce ogni aspetto pratico, morale, intellettuale e sociale di una città stagnante. Solo nell'ultimo racconto, I morti, da cui ho preso le righe di apertura, Joyce lascia intravedere uno spiraglio.
Gabriel è un morto virtuale, un essere inutile e invisibile agli occhi della moglie, per la quale invece, sia pure nel ricordo, è vivissimo il ragazzino morto per amore suo vent'anni prima. Questa rivelazione travolge Gabriel, ma lo costringe anche ad esaminare il proprio fallimento.



                                                               James Joyce - Dublino




James Joyce e Sylvia Beach all'esterno della libreria antiquaria parigina "Shakespeare and Company" nel 1921, ancora al n° 8 di rue Dupuytren poco prima del trasferimento al 12 di rue de l'Odéon.
La sua proprietaria, la Beach, pubblicò la prima edizione dell'Ulisse nel 1922.
(foto archivio Daniele Mugnaini)

12 commenti:

  1. Qual era il reale fallimento, restare e adeguarsi all'immobilismo, o fuggire all'estero, sradicandosi alla ricerca di un futuro migliore? Credo che il dilemma proposto da Joyce stia tutto qui. E'un libro amaro, ogni racconto è la storia di un fallimento, eppure si legge volentieri. A me è piaciuto tanto moltissimo.

    RispondiElimina
  2. Dal racconto più bello, I morti appunto, è stato tratto il film-testamento di John Huston, The Dead - Gente di Dublino, in cui sembra che non succeda niente, invece è un film che rimane dentro, essendo il tributo di un grande regista alla terra simbolo dell'umanità sconfitta senza combattere. Huston morì subito dopo averlo girato, nel 1987.

    RispondiElimina
  3. Quella neve, che appiattisce tutti, vivi e morti, rendendoli uguali... ma io ricordo più volentieri il racconto sulle sorelle del prete: due vite annullate a servire, nutrire e riverire il fratello, la cui scomparsa, ovviamente, genera un vuoto incolmabile.

    RispondiElimina
  4. Non male anche il racconto del vecchiaccio miserabile, sedicente educatore

    RispondiElimina
  5. L'ambientazione è nella Dublico intorno al 1900,trattasi di quindici attualissimi racconti,meglio definirli "istantanee", sulle miserie della condizione umana,le sue sofferenze e le sue contraddizioni.
    Tematiche quanto mai attuali ,adoperando un linguaggio diretto, scevro da manipolazioni e con una presentazione dei fatti e dei personaggi, pulita.
    Le storie seguono una sequenza tematica e possono essere suddivise in quattro sezioni, una per ogni fase della vita: l'infanzia (Le sorelle, Un incontro, Arabia); l'adolescenza (Eveline, Dopo la corsa, I due galanti, Pensione di famiglia); la maturità (Una piccola nube, Rivalsa, Polvere, Un caso pietoso); la vita pubblica (Il giorno dell'Edera, Una madre, La grazia)
    Infine l' epilogo," I morti"
    Joyce descrive,in questi racconti,1)la paralisi morale intesa come caduta dei valori morali,politici e culturali della Dublino di quei tempi 2)la fuga intesa come la triste consapevolezza di questa caduta dei valori.
    Tutta la gente di Dublino è "spiritualmente debole", essi sono in qualche modo schiavi della loro cultura, della loro vita familiare e politica e soprattutto, schiavi della loro vita religiosa.
    Ma ciò che Joyce tende a dimostrare è ,che diventando consapevoli di questa situazione di debolezza ( climax) rappresenti il punto di svolta di ogni storia: conoscere se stessi è alla base della morale, se non la morale stessa,mentre l'impossibilità di uscire da questa condizione di "paralisi".porta alla "fuga" .

    RispondiElimina
  6. Mariateresa26/06/12, 18:39

    L'epilogo di questi racconti termina con "i morti"
    Emozionante è il racconto di Gretta al marito allorchè gli rivela l'amore di un giovane di cui era innamorata che aveva sfidado il freddo e la pioggia pur di vederla un'ultima volta e di come il marito si sentisse poca cosa rispetto al sacrificio di ciò che gli appariva vero amore e che aveva accompagnato la moglie durante tutta la sua vita
    " Meglio entrare in quell'altro mondo con audacia,
    nell'intensa gloria di una passione, che languire e
    appassire tristemente con gli anni. Pensò a come colei che
    gli giaceva accanto aveva custodito nel cuore per tanti
    anni l'immagine degli occhi dell'innamorato, quando le
    aveva detto che non desiderava vivere.
    Gli occhi di Gabriel si riempirono di lacrime generose.
    Non aveva mai provato niente di simile per nessuna
    donna, ma sapeva che un sentimento come quello doveva
    essere amore. Gli occhi gli si riempirono ancora più di
    lacrime e nella parziale oscurità immaginò di vedere la
    figura di un giovane in piedi sotto un albero gocciolante.
    Altre figure erano vicine. La sua anima si era accostata a
    quella regione dove dimorano le vaste schiere dei morti.
    Era cosciente, pure non riuscendo a percepirla, della loro
    esistenza capricciosa e guizzante. La sua identità svaniva
    in un mondo grigio e inafferrabile: il mondo solido
    stesso, che quei morti avevano eretto un tempo e in cui
    avevano vissuto, si dissolveva e dileguava

    RispondiElimina
  7. Di questo libro, come di Ulysses, mi ha colpita lo straordinaria corrispondenza dei personaggi con l'ambiente in cui si muovono, come se avessero assorbito per osmosi un modo di vivere e di essere, un carattere, un umore.

    RispondiElimina
  8. Sono d'accordo con Marianna, leggendo questi racconti ho incontrato donne mimetizzate lungo le pareti delle case, o uomini lungo le strade,tutti uguali. Ma devo dire che mi sono molto piaciuti tutti, anche se l'ultimo, I morti, si fa davvero ricordare a lungo. Non è un uomo cattivo, è soltanto un uomo felicemente immerso nella mediocrità fino a che non spunta un fantasma a dargli uno scossone!

    RispondiElimina
  9. Mi sento spesso in sintonia con questi racconti, quando mi accorgo che potrei ma non riesco, che farei ma non ne ho voglia, che andrei, ma domani.

    RispondiElimina
  10. “Adagio, umilmente, esprimere, tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch’essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione dell’anima, un’immagine di bellezza che siamo giunti a comprendere: questa è l’arte.” James Joyce

    rubo a Baku & Friends, autentico baule di meraviglie

    RispondiElimina
  11. "Un battere leggero sui vetri lo fece voltare verso la finestra. aveva ripreso a nevicare. Assonnato guardava i fiocchi neri e argentei cadere obliqui contro il lampione. Era venuto il momento di mettersi in viaggio verso ovest. I giornali dicevano il vero: c'era neve dovunque in Irlanda. Neve cadeva su ogni punto dell'oscura pianura centrale, sulle colline senz'alberi; cadeva piana sulle paludi di Allen e, più a occidente, sulle fosche onde rabbiose dello Shannon. E anche là, sul cimitero deserto in cima alla collina, dov'era sepolto Michael Furey. S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle tombe, sulle punte del cancello e sui roveti spogli. E l'anima lenta gli svanì nel sonno mentre udiva la neve cadere lieve su tutto l'universo, lieve cadere come la discesa della loro ultima fine su tutti i vivi, su tutti i morti."

    Il suggestivo brano finale di "The Dead" - Dubliners - James Joyce
    Grazie a Roberto.

    RispondiElimina
  12. Jimmy! Jimmy!03/02/16, 07:37

    "Love (understood as the desire of good for another) is in fact so unnatural a phenomenon that it can scarcely repeat itself, the soul being unable to become virgin again and not having energy enough to cast itself out again into the ocean of another's soul."
    -- James Joyce in notes (1913) for his play "Exiles"

    This selection of the major poems James Joyce published in his lifetime is accompanied by his only surviving play, Exiles. Joyce is most celebrated for his remarkable novel Ulysses, and yet he was also a highly accomplished poet. Chamber Music is his debut collection of lyrical love poems, which he intended to be set to music; in it, he enlivens the styles of the Celtic Revival with his own brand of playful irony. Pomes Penyeach, a collection written while Joyce was working on A Portrait of the Artist as a Young Man, sounds intimately autobiographical notes of passion and betrayal that would go on to resonate throughout the rest of his work. Joyce’s other poems include the moving “Ecce Puer,” written on the occasion of the birth of his grandson, and his fiery satires “The Holy Office” and “Gas from a Burner.” Exiles was written after Joyce had left Ireland, never to return; it is a richly nuanced drama that reflects a grappling with the state of his own marriage and career as he was about to embark on the writing of Ulysses. In its tale of an unconventional couple involved in a love triangle, Exiles engages Joycean themes of envy and jealousy, freedom and love, men and women, and the complicated relationship between an artist and his homeland.

    RispondiElimina